La violenza di uomini prepotenti

di Michela Gambelli

Intervista alla docente Anna Rita Calavalle: nel 1981 il suo fidanzato le ha sparato un colpo di fucile al viso, prima di uccidersi

29 dicembre 1981, “non ti potrà avere più nessuno.” Un colpo di fucile segna il secondo tempo della vita di Anna Rita Calavalle, occhi color cielo, una donna minuta, gigante di empatia e grinta. È lei la donna simbolo del 25 novembre a Senigallia. Docente e responsabile della ricerca nell’attività sportiva e motoria per l’Università di Urbino, protagonista di una vicenda che mescola le carte della vita. Una storia analoga a quella di Lucia Annibali che il destino le ha messo più volte sulla sua strada. Dal filo rosso che lega le due vite emerge il paradosso, il senso di tanto dolore.

Occorre mirare ad una pedagogia dell’essere, un’educazione alla non violenza che parta dalle scuole. Sabato il Cinema Gabbiano era gremito di studenti ad ascoltare Anna Rita, invitata dall’Amministrazione Comunale per celebrare insieme questo giorno che vuole ricordare la troppa violenza sulle donne. Trentacinque anni fa il fidanzato, che aveva appena lasciato, le ha sparato un colpo di fucile al volto prima di uccidersi. L’abbiamo intervistata.

Anna Rita ripercorriamo brevemente la tua storia, sei riuscita a dare un senso a quello che ti è accaduto?

Il senso, a tutto quello che succede nella vita di ciascuno di noi (che noi abbiamo fatto sì che succedesse), lo dobbiamo trovare noi. E non ce ne sarà uno solo, siamo noi che dobbiamo trovare quello giusto, quello che deve migliorarci.

Il sentimento che si prova? E’ vuoto interiore, è rabbia, è paura?

Posso dirti solo alcuni dei sentimenti che io ho provato, in successione cronologica: sgomento, dolore immenso, senso di colpa verso tutti coloro che soffrivano in conseguenza a ciò che era successo, gratitudine verso la vita, voglia di riscatto, sfida, certezza delle mie capacità di recupero (in tutti i sensi), grande calma e forza interiore che non si può raccontare Qual è oggi il senso della vita per te? Hai cambiato le tue priorità?

Sono fortunata: la mia passione e la mia gioia di vivere che ho sempre avuto, si sono rafforzati. Come mi hanno insegnato le mie maestre (mia madre e la mia allenatrice) “finchè pensi di poter migliorare la realtà in cui vivi, vuol dire che sei vivo”.

Perché gli uomini arrivano a tanto? E perché noi donne lasciamo che demoliscano la nostra autostima?

Gli stereotipi del ruolo uomodonna sono profondissimi nel nostro inconscio. Si parte dal concetto che le donne debbano “compiacere” gli uomini e ne consegue che, inconsciamente, noi ci prestiamo a questo ruolo a cominciare dalle mogli e madri. La stima dell’uomo (e quindi della parte dominante della socie- tà) possiamo meritarcela solo se rispondiamo a questa immagine. Se interviene qualcosa a scombinare questi schemi, l’uomo non sa che ruolo dare alla nuova donna e che ruolo abbia più lui. La donna diventa un pericolo per la sua autostima. Chi ha paura, in mancanza di una cultura al confronto, al rispetto dell’altro, diventa aggressivo.

Il sentimento che si prova? E’ vuoto interiore, è rabbia, è paura?

Posso dirti solo alcuni dei sentimenti che io ho provato, in successione…

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