Le partenze che fanno vivere

Il Vangelo della domenica di Paolo Curtaz

Il crinale che segna la differenza non è fra Gesù risorto o asceso.

Ma fra Gesù prima e dopo la resurrezione. Il Gesù “prima”, quello che ha passeggiato lungo le verdi colline di Galilea, che ha predicato a Gerusalemme, che vi è morto è lo stesso Cristo risorto che sempre i discepoli hanno incontrato e che professano risorto. Da questo punto di vista il tempo pasquale mette insieme la resurrezione, l’ascensione e la pentecoste come il tempo del risorto, il tempo in cui riconosciamo Gesù come il Signore delle nostre vite, il tempo in cui possiamo accedere a Dio in maniera diversa, perché ora, in Dio, c’è il corpo trasfigurato di un uomo. Ma è anche il (fragile) tempo della Chiesa, di noi discepoli che professiamo la nostra fede, attendendo che egli torni nella gloria. Il primo ad avere scritto un vangelo sintetizza l’ascensione con solennità, ad indicare che, ora, la presenza del Signore la possiamo ritrovare anzitutto nell’esperienza della Chiesa, della comunità cristiana. Alla Chiesa (questa qui!) Gesù affida un compito importante: andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Non soltanto ad ogni uomo, ma ad ogni creatura, come se l’intera creazione necessitasse di buone notizie. Ad ogni creatura, anche a chi sembra avere smarrito l’umanità che dovrebbe contraddistinguerci. Di quante “buone notizie” abbiamo bisogno, specialmente in questi tempi!

Noi Chiesa siamo chiamati ad alzare lo sguardo in alto e in altro, a fissare la nostra attenzione sulla speranza di un mondo rinnovato in Cristo. A noi il Signore affida il Vangelo, come un tesoro custodito in fragili vasi di creta, a noi chiede di renderlo presente, al di là e al di dentro delle nostre contraddizioni.

El Greco, La visione di San Giovanni (1608). New York Metropolitan Museum

Gesù risorto è riconosciuto dai segni: la voce per Maria di Magdala, le bende per Pietro e Giovanni, il pane spezzato per i due di Emmaus, la pesca per i discepoli a Cafarnao. Gesù risorto è riconosciuto nell’opera dei suoi discepoli attraverso dei segni. Segni concreti, certo, ma anche e soprattutto segni da leggere in chiave spirituale. Nel mio nome scacceranno demòni, dice il Signore, il diavolo è colui che divide, che crea schizofrenia, che ci separa da Dio e dagli altri, dal nostro vero “io”. Il Vangelo riporta unità nell’uomo, propone un modello di umanità che risolve le proprie contraddizioni e diventa modello della novità del credente.

Parleranno lingue nuove, non il linguaggio della violenza, del profitto a tutti i costi, dello scoraggiamento. Lingue nuove che mettono d’accordo i popoli, che attraversano e superano le ideologie e i confini culturali.

Prenderanno in mano serpenti, non abbiamo paura degli altri, non vediamo nemici ovunque, sappiamo che dentro ogni persona abita la scintilla di Dio. Il cristiano non vede nemici accanto a sé ma dentro di sé e questi combatte, dialogando con quelli. Quante volte ho visto uomini di pace dimorare in mezzo alla violenza più feroce portando una voce di speranza!

Se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, chi crede può stare in mezzo all’ambiente avvelenato del nostro mondo conservando un cuore integro, orientato a Cristo.

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