Vivere liberi e senza paura

di Don Giancarlo Giuliani.

La Caritas non è per i poveri. Avete letto bene. I primi destinatari dell’azione della Caritas non sono i poveri, ma i cristiani e gli uomini di buona volontà, chiamati a farsi solidali con chi ha bisogno.

Con questa logica anche i nostri progetti di accoglienza hanno lo stile dell’attenzione e del coinvolgimento. Bello e significativo il progetto dei Cantieri Meticci, a cui hanno partecipato stranieri e indigeni (che siamo noi!), tutti cittadini della stessa umanità in cammino verso un Paese migliore. Guardando con occhio critico al passato ci si può incamminare verso un futuro più solidale e inclusivo. In un tempo in cui la tentazione di arroccarci nel nostro particolare e nel difenderci escludendo, si tratta di un messaggio importante.

Anche nei progetti di accoglienza sul territorio stiamo lavorando perché persone e gruppi parrocchiali e della società civile vengano coinvolti nella conoscenza reciproca, nell’accoglienza e nell’integrazione. I giovani, come sempre, sono in prima linea in questo cambiamento. Ci sono i volontari che si prestano per l’accoglienza serale e notturna al Centro di solidarietà. A volte si tratta di gruppi, già organizzati nelle parrocchie e nelle associazioni, che vivono alcuni giorni in comunità al Centro di solidarietà pur continuando le proprie attività, ma dedicando il tempo serale allo stare insieme con gli ospiti. Ci sono i ragazzi del Servizio civile impegnati nelle strutture e quelli del Servizio civile in agricoltura, che condividono il lavoro agli Orti Solidali con poveri e immigrati. Ci sono i ragazzi che esperimentano un periodo di vita comunitaria a Casa San Benedetto e, oltre a continuare i loro impegni da studenti o lavoratori, hanno momenti formativi e vivono come buoni vicini con gli ospiti dei progetti Caritas, cioè mamme e bambini, che vivono accanto a loro. Perché integrazione è imparare a conoscersi, rispettarsi e stimarsi a vicenda.

Pur vivendo le difficoltà e la nostalgia dell’essere lontani dalla propria terra e dai propri familiari, siamo contenti di essere venuti via dall’Iran.

Sono nata a Eswan, una città antichissima e molto bella costruita da re di Persia. Sono sposata e ho una bambina piccola, nata in Italia. Cosa desidero, cosa desideriamo io e mio marito? Vogliamo continuare a seguire e a poter condividere con altre persone che la nostra piccola Nurtida potesse crescere libera e senza paura, con la possibilità di scegliere liberamente ciò che è bene per lei. Vorremmo che Nurtida potesse quindi decidere anche quale religione desidera seguire.

Viviamo in una comunità di famiglie, una “fraternità di famiglie”, come diceva Paolo, e per nostra figlia questo è…

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