Bisognosi di aiuto, possiamo chiederlo

L’editoriale di Gesualdo Purziani

Ci sentiamo tutti a posto, nessuno si riconosce più colpevole, al massimo malato o squilibrato, ma comunque sempre innocente. In questa anestesia generalizzata non ci viene voglia di ricorrere a nessun salvatore e così rimaniamo nel nostro pantano, a volte senza nemmeno accorgerci che è un pantano. E il pericolo è anche quello di non saper più chiamare le cose con il vero nome, ma di camuffare il male e considerarlo un bene.

Eppure l’abbiamo sperimentato tante volte che ci si può salvare solo chiedendo aiuto a qualcun altro che venga a tirarci su.

Qualche giorno fa il Papa, nel suo pensiero giornaliero nella Messa a Santa Marta, diceva: “E quando tu perdi – non dico la capacità di amare, perché quella si recupera – la capacità di sentirti amato non c’è speranza, hai perso tutto. Chiediamo al Signore che ci salvi dal perdere la capacità di sentirsi amati”. Già, per chiedere aiuto dobbiamo sentirci bisognosi, ma anche profondamente amati. Perché abbiamo il coraggio di chiedere una mano quando sappiamo che c’è chi non giudica la nostra debolezza, il nostro limite. È urgente riscoprirsi bisognosi di salvezza e quindi di un salvatore. Solo quando avvertiamo il bisogno di salvezza siamo capaci di lanciare un Sos. Allora mandiamo un Sms di meno e un più coraggioso Sos. A Colui che solo ci può salvare.

Ricordiamoci che di Salvatore ce n’è uno solo e se – bisognosi di salvezza – avremo il coraggio di cercarlo, lo riconosceremo come tale e lo chiameremo col suo vero nome. Allora e solo allora lo incontreremo veramente come nostro Dio e Salvatore.

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