Alla ricerca della gioia che non finisce più

a cura di CDV

Intervista a suor M. Francesca Alessia. Dal monastero delle Clarisse di Forlì condivide il suo percorso esistenziale e vocazionale che l’ha portata alla sua professione solenne.

Com’è nato il tuo sì al Vangelo della gioia?

Il mio sì è stato un parto abbastanza lungo, parliamo di anni. Frequentavo l’Azione Cattolica della nostra diocesi e durante la Messa di un camposcuola mi colpì il ritornello del salmo responsoriale che diceva: “Sei tu, Signore, l’unico mio bene”. Quelle parole mi attraevano ma capivo anche di esserne tanto lontana: sì, il Signore era per me un bene, ma forse lo era in mezzo a tanti altri beni, non era il più importante né tantomeno l’unico… Cosa fare allora? Mettere a tacere quella frase? A dire il vero ho provato a lungo a far finta di niente, ma lei è stata più testarda di me, mi ha lavorato dentro. Desideravo essere felice, e negli anni ho sperimentato che la gioia stava proprio là, nel continuo inseguimento di quell’unico bene che mi ha fatto fare tanta strada.È un po’ come la carota che si mette davanti all’asino per farlo camminare: è una meta che cammina davanti a me e con me, che dà la forza di proseguire anche nelle difficoltà che tutti incontriamo. E di giorno in giorno scopro che la gioia sta nel camminare e nel farlo nella comunione anche quando la strada è in salita o dissestata e piena di buche…

Come la preghiera riesce ad allargare il tuo cuore al mondo che per vocazione non puoi abitare?

Durante gli anni di discernimento sentivo sempre un’insoddisfazione di fondo: io volevo fare tutto, arrivare dappertutto, sempre di più, sempre oltre… cosa umanamente impossibile! Solo Dio arriva dappertutto ed entra nell’intimità del cuore umano, solo Lui può rispondere ai bisogni e ai desideri di ogni persona. Stare davanti a Lui e affidargli nella preghiera le fatiche quotidiane dell’umanità è il mio modo di essere e sentirmisorella e madre anche di coloro che non vedrò mai perché abitano dall’altra parte del mondo: la preghiera è un cammino di verità che fa emergere il mio limite e la Sua onnipotenza che rende ogni persona libera. Paradossalmente sperimento che è proprio il limite fisico, anche quello della clausura, che apre a tutto ciò che sta oltre il limite facendomi gustare un’appartenenza reciproca tra me e ciò che è oltre me.

Con quali paure hai combattuto nelle tue scelte?

Le paure sono tante e diverse a seconda della fase di vita che attraverso. Paura di essere sola, di essere dimenticata; paura di sbagliare strada; paura di non essere capita; paura di fare troppo da sola e con le mie forze; paura di non essere all’altezza del progetto che Dio ha su di me; paura di deludere o ferire le persone accanto a me; paura di non saper dar senso alle sofferenze; paura di non saper guardare a me stessa e agli altri con uno sguardo di misericordia e di verità; paura dei miei limiti.

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