Impegni per la vita

di Viviana Daloisio

Si sono ritrovati nel capoluogo lombardo i rappresentanti dei Centri di aiuto alla vita di tutt’Italia: continuano ad essere presidi importanti per le migliaia di donne, specialmente straniere, troppo spesso lasciate a loro stesse in condizione di forte vulnerabilità.

Emergenza nell’emergenza. Di oltre 86mila aborti praticati in Italia (l’ultimo dato disponibile è relativo al 2015) 27.500 sono di donne straniere. Con una precisazione da aggiungere: che a fronte degli oltre 50mila bimbi italiani “buttati via” ne sono nati, sempre nel 2015, 400mila. Mentre su 27.500 aborti di bimbi stranieri, a nascere sono stati soltanto in 70mila. «Significa che il tasso abortivo di una donna straniera è tre volte maggiore di una italiana – spiega l’arcivescovo di Ferrara e presidente emerito della Fondazione Migrantes al 37° Convegno dei Centri di aiuto alla vita in corso a Milano – e questo vorrà pur dire qualcosa». A Milano, in occasione del convegno nazionale dei Centri di aiuto alla vita, in sala gli oltre 700 volontari e operatori dei Cav prendono appunti e si confrontano: lo sanno bene, che l’80% delle donne che bussano alle porte dei centri è straniera. Una percentuale che scende leggermente per le ospiti delle case di accoglienza, ma che si attesta comunque sul 55%. Quello che non sanno ancora è cosa si può fare per rispondere a questa emergenza. Aggravata dal fatto che, a differenza di quanto avveniva in passato, molte di queste donne non scelgono volontariamente di rivolgersi ai centri: ci arrivano per una pronuncia dei tribunali, o per obbligo dei servizi sociali. Disorientate, sole e spesso anche piene di rabbia.

Perego ha una ricetta per il governo, prima che per i Cav: «Queste donne vivono l’inferno, prima di sbarcare in Italia. Secondo le nostre statistiche subiscono in media dai 4 agli 8 stupri durante il viaggio, di cui 2 di gruppo. E restano incinta, certo, arrivano con delle vite nel loro grembo, spesso non volute, oppure incinta rimangono nei lunghissimi periodi di tempo che trascorrono nei centri di prima accoglienza». L’Italia «le fa aspettare, per i documenti e l’asilo. Le separa dai compagni se ci sono». Ed eccoli, gli aborti, il più delle volte compiuti coi farmaci, lontano dagli ospedali: «Quello che invece dovrebbe fare il governo è concedere immediatamente il permesso di protezione sociale per le donne incinte – è l’appello di Perego – non importa se d’un mese appena o di quattro o di sei. È una condizione di fragilità estrema e di bisogno di cui dobbiamo farci carico subito e che non può aspettare».

D’altronde senza permesso di soggiorno, e spesso persino senza un nome, le donne entrano nei Cav e e nelle case di accoglienza: «A volte le accogliamo per un anno, insegniamo loro l’italiano, le avviamo al lavoro – spiega Lino Orlandini, responsabile della Casa d’accoglienza di Reggio Emilia, che con le sue strutture e i suoi appartamenti di appoggio è arrivato ad ospitare 60 profughe – e poi arriva un diniego della richiesta d’asilo». Che è un diniego di tutto: del percorso compiuto, degli sforzi di chi l’ha accompagnato e perfino dell’essere umano. L’umanità d’altronde «è oggi più che mai in pericolo ed è a rischio soprattutto in forza dei suoi stessi prodotti – ha commentato il filosofo Diego Fusaro, docente di Storia della filosofia all’Istituto alti studi strategici e politici di Milano e tra gli altri relatori del convegno –. La mercificazione dominante riduce l’uomo sempre più a merce, determinando la “disumanizzazione dei rapporti umani”. L’impegno degli esseri umani per gli altri, la concretezza dell’ascolto, del sostegno, dell’accoglienza: è la testimonianza dei Cav, che si preparano a un altro anno di sfide.

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