Lacrime che bagnano la gioia
L’editoriale di Gesualdo Purziani
La capacità di commuoverci è un buon segno. Significa che abbiamo ancora un cuore che sa sussultare per quanto di bello ed importante succede nelle nostre vite. Non è un sintomo di debolezza, anzi e sopratutto noi uomini di una certa età dovremmo recuperare questa possibilità di esprimerci più liberamente.
È la dimostrazione che ci sono esperienze, parole e volti che arrivano a bersaglio, suscitano la parte più spontanea e ‘poetica’ che tutti ci portiamo dentro e che spesso facciamo di tutto per nascondere. Mi è capitato un paio di volte, la settimana scorsa, in occasioni tanto diverse tra loro di vedere persone che a fatica hanno trattenuto lacrime di emozione e gratitudine. E non l’hanno nascosto, perché quelle perle luccicanti sui volti dimostravano soddisfazione, volontà di coinvolgersi in progetti ed idee belle.
Ripensandoci mi viene da dire che la commozione esprime anche passione per la vita, sensibilità e nostalgia di impegni e relazioni che ci fanno toccare con mano quanto è davvero importante e riempie di significati profondi le nostre giornate. Lacrime come queste versò il famoso filosofo francesce Blaise Pascal la notte che ebbe la rivelazione del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe che si rivela per le vie del vangelo e su un foglietto di carta (trovato cucito all’interno della giacca dopo la sua morte) scrisse: “Gioia, gioia, lacrime di gioia!”. In questa ‘valle di lacrime’, dove ci raccontano troppo spesso che tutto va male, che vince chi urla e fa il muso duro, benediciamo quei rari momenti in cui la commozione ci viene incontro e ci fa riscoprire, nella nostra debolezza, la capacità di stupirci ancora.