Le penne di gallina

L’editoriale di Gesualdo Purziani

Sabato scorso è stata la festa di San Filippo Neri e mi è tornata in mente la storiella di quella donna chiacchierona che andò a confessarsi da lui e, dopo averla ascoltata attentamente, le diede la curiosa penitenza di spennare una gallina, spargendo le sue piume per tutta la città. La donna fece alla lettera ma, tornata, si senti dire che la penitenza non era finita e che doveva andare a raccogliere tutte le piume che aveva sparso. 

Alla sua obiezione che era impossibile, si sentì rispondere che era altrettanto impossibile rimediare al male che aveva seminato con le sue chiacchiere. Una storiella che piace sempre. Sappiamo che la mormorazione è un male, ma ormai la consideriamo un male necessario. Perché non ci piacciono tutti quelli che incontriamo, come anche noi non possiamo piacere a tutti. E allora accettiamo la mormorazione, il pettegolezzo, la maldicenza come il frutto di cui accontentarsi nelle nostre relazioni con gli altri. Ma se proviamo a cambiare prospettiva, ci accorgiamo che la nostra vita non è un caso, come non lo è il fatto di avere certe persone intorno.

Anche chi non ci piace serve per allenare la nostra capacità di amare, per guardare il mondo con altri occhi e amarlo con il cuore. E dire all’altro ciò che si pensa di lui, mostra un sentimento di attenzione nei suoi confronti. Tutto questo viene chiamato correzione fraterna, un atteggiamento di rispetto e amore, che evita di correggere con senso di giudizio, con animo risentito o spinti dalla rabbia, altrimenti a correzione non giunge al cuore. Ricordiamolo: è saggio non chi non sbaglia mai, ma chi sa correggersi e fare tesoro dei suoi limiti per farsi aiutare dagli altri.

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