L’eccomi di ogni vita

di Sonia Rotatori e Francesco Piazzai

Idee, volti e testimonianze verso la Giornata mondiale di preghiera le vocazioni del 22 aprile.

C’è un apologo, attribuito a Michelangelo Buonarroti, che risalirebbe ai primi del ‘500 e ai lavori per la Fabbrica di San Pietro. È una leggenda molto significativa. Narra di tre artigiani al lavoro durante la costruzione della cattedrale. Fu rivolta a turno a tre scalpellini la stessa domanda: “Che cosa stai facendo?” “Come vedi, sto tagliando pietre”, rispose il primo in tono seccato. Il secondo rispose invece: “Mi guadagno la vita per me e per la mia famiglia”. Il terzo infine, disse con orgoglio: “Sto costruendo una cattedrale!”. Tre condizioni identiche, tre risposte diverse, metafore di tre vite diverse.

Si può vivere, infatti, come il primo artigiano che non vede oltre la sua attività di scalpellino e fa della sua condizione di vita, la sua gabbia oltre la quale non riesce a gettare lo sguardo. Si può vivere con arrivismo, in continua agitazione per potersi accaparrare il piccolo pezzo di mondo che ci spetta,occupandoci solo di guardarci bene da chi abbiamo attorno perché tutto è sospetto e pericoloso.

Oppure si può vivere nella certezza che la fatica e il sudore sono termometro di una bellezza da costruire e così ci viene donato uno sguardo capace di vedere oltre, di scorgere un’opera d’arte bellissima – che è la nostra vita – di cui non ne siamo architetti ma semplici artigiani che ogni giorno, pietra dopo pietra, ora dopo ora, ne contribuiscono all’edificazione.

Il terzo artigiano incarna bene l’idea di vocazione: non nonostante la sua vita, ma nella vita che gli è donata, sogna, spera, ama, fatica, cerca, costruisce,cammina. Ma soprattutto è contento di quanto ha tra le mani e si impegna per fare tutto quanto è in suo potere, con la fiducia di chi vive “come se tutto dipendesse da lui, nella certezza che nulla dipende da lui”.

Quanto sarebbe più bello il mondo se tutti vivessimo con questo orizzonte. Che infondo poi, questo è quanto desidera anche Dio… che ciascun uomo sia felice. Ecco, la ricerca della vocazione è sì, la ricerca della propria felicità – se così vogliamo semplificare un concetto per il quale servirebbe tutta una vita per spiegarlo – ma allo stesso tempo è un cammino che ci conduce verso Dio, il quale per primo ci cerca, ci chiama, ci rimette in piedi, ci spalanca il cuore e ci conduce a Lui.

Una vocazione è incarnata quando il sogno dell’uomo incontra il sogno che Dio ha per lui. Solo lì, l’uomo scopre la gioia e la pace, e lì Dio gioisce della nostra vita.

Questa chiave di lettura della vita, ci aiuta a comprendere anche i momenti di solitudine e tristezza che attraversiamo.

Quando la sveglia è il nostro peggior nemico perché è segno di una nuova giornata da combattere, quando ci sentiamo soli e più cerchiamo di spiegare ciò che pensiamo più veniamo fraintesi, quando la lamentela per ciò che non è come vorremmo soffoca la gratitudine per ciò che si ha, quando tutto sembra nero, privo di senso e si arriva a letto la sera stanchi e affamati perché ci siamo nutriti solo di invidia e rabbia… ecco, in quelle giornate siamo stati come i primi due artigiani e abbiamo sprecato ore buone per amare e lasciarci amare da Dio che altro non desidera che la nostra gioia sia piena. Siamo continuamente cercati dal Suo amore. Che ciascuno di noi riconosca nella sua vita che l’unica vera vocazione è lasciarci trovare da questo Amore.

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