L’inclusione che riserva buone sorprese
di C.M.
Il laboratorio di Riace, raccontato in un film, ha dato l’occasione per raccontare alcune buone pratiche
In un paese calabrese svuotato dall’emigrazione, Riace, la vita è tornata a pulsare, proprio grazie all’accoglienza dei migranti che hanno portato con loro tanta sofferenza interiore ma anche un carico di ricchezza e umanità. La trama del documentario “Un paese di Calabria”, con la regia di Shu Aiello e Catherine Catella, proiettato lunedì sera al cinema Gabbiano per la rassegna cinema d’essai è questa, ma il suo valore va oltre i confini e le banalità, perché il docu-film parla di immigrazione come recupero, come evoluzione, come possibilità. Da Riace infatti i giovani calabresi sono scappati per costruirsi un futuro altrove, i vecchi sopravvivono con lentezza e rassegnazione e la vera rinascita viene dai tanti ragazzi migranti, in fuga da guerre e povertà, che qui si sono lasciati accogliere e sono stati in grado integrarsi, grazie a cittadini semplici e onesti e a un’amministrazione lungimirante e coraggiosa. I cicli delle migrazioni sono un continuum storico, emigrare è una scelta naturale per l’uomo, non un problema – come molta politica qualunquista si ostina a sostenere – ma un passo in avanti verso l’umanità, la storia e la vita che stiamo costruendo.
Serata con un cinema gremito di pubblico, nonostante l’inaspettata assenza per motivi personali di don Armando Zappolini, presidente del Cnca (Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza) e prete sempre in prima linea, tipico esempio di uomo di quella “chiesa di strada” fatta di operatori religiosi che sperimentano il loro impegno sociale quotidianamente, vivendo la sofferenza vicino alla gente, e che finalmente, grazie a Papa Francesco, tornano ad avere voce.
Dopo il film, applaudito dal pubblico e fortemente voluto dal Cnca, presente con il referente Federazione Marche Stefano Trovato, alcuni interventi da parte delle realtà dell’accoglienza del nostro territorio. Nell’ordineLaura Alesi dello Sprar (Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati) Ambito territoriale 8 e Chiara Michelon, che ha letto alcune parti del suo libro ‘La fuga’, che raccoglie storie rifugiati ospitati a Senigallia; Monica Grossi della cooperativa Vivereverde, che ospita un grande numero di giovani migranti e ha presentato alla platea un esempio perfetto di integrazione, un ragazzo nigeriano che gestisce una fattoria didattica nata dalla sua passione per l’agricoltura e l’allevamento che riempivano le sue giornate nigeriane; poi John, nigeriano anche lui, italiano perfetto, della cooperativa ‘La gemma’ e ‘Irs l’Aurora’, che lavora per l’inclusione dei migranti anche attraverso percorsi nuovi come l’arte; infine la Casa della gioventù, storica cooperativa sociale senigalliese che, come ha spiegato Simone Santini, si impegna per dare ai minori in difficoltà il miglior supporto, in termini affettivi e di futuro. Film interssante, avvincente, utile che ha trovato il suo finale più bello proprio in sala.