L’uomo migrante vive

È tempo in cui chiedersi sul serio cosa c’è alla base della nostra convivenza umana.

Fortezza Europa, porti sbarrati, tutti fuori, chi urla vince, crociere forzate nel Mediterraneo.

Non avevamo considerato la coincidenza della pubblicazione ‘La finestra’ che trovate nelle pagine centrali, curata dal Servizio Sprar (sistema di protezione rifugiatie e richiedenti asilo e la Caritas diocesana) e l’attualità di vicende politiche e sociali che hanno nuovamente messo in moto il dibattito sulla gestione delle migrazioni, ad ogni livello, arrivato a picchi di disumanità difficilmente comprensibili. Ma è una felice coincidenza perché racconta altre parole, altre relazioni, altri impegni, per niente facili, per assicurare dignità e integrazione a chi se n’è andato da casa sua.

14 metri sotto il livello del mare, Museo Atlantico di Jason deCaires Taylor, Lanzarote, Canarie, Spagna

Nessun nascondimento, nessun gioco al ribasso, nessun pietismo. Perché il mondo è davvero tanto complicato, perché è legittimo il desiderio di un’accoglienza condivisa con gli altri paesi europei e l’integrazione deve realizzarsi con politiche adeguate e degne di un paese ‘civile’. Ma la partita che stiamo vivendo è un’altra, anzitutto culturale, sociale e viene sistematicamente demolita da una violenza verbale di inaudita gravità. Qui in discussione profonda c’è il senso del vivere sullo stesso pianeta. C’è da decidere quale sia il minimo comune denominatore dell’essere umani. Ogni scelta politica, qualunque essa sia, riflette una precisa visione dell’uomo, un’antropologia sedimentata nel tempo, plasmata dalla storia, dalla geografia, dagli eventi.

Visione che deve essere continuamente rinegoziata, fatta incontrare con quanto la contemporaneità chiede, che si nutre di conquiste e consapevolezze, di diritti e doveri che sono parte essenziale dell’evoluzione della specie. Qui si tratta di ritornare alla scoperta dell’homo sapiens, di quella creatura che, sopra ogni altra, ha la terribile e meravigliosa responsabilità del pensiero. E di verificare che la sua evoluzione continui, non sia paralizzata da egoismi e paure, deliri di onnipotenza ed arroganza. Cervelli e cuori bloccati, come i porti che sono off limits per la disperazione migrante, alla continua ricerca di scorciatoie e uomini forti che evitino fatiche e condivisioni.

Oren Kolodny e Marcus Feldman, due biologi evoluzionisti dell’Università di Stanford, si sono chiesti come l’Homo sapiens, che poi saremmo noi, sia riuscito a sopravvivere fino ad oggi, mentre altre specie di ominidi sono scomparse nel corso della storia. La risposta a questo enigma sarebbe tutta da ridere, se non fosse tremendamente serio quanto stiamo vivendo: la sopravvivenza è stata determinata dai movimenti migratori dei nostri antenati diretti. Muovendosi, il Sapiens è sopravvissuto. Dura da digerire, ma sembra proprio che la creazione continui a funzionare proprio così.

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