Senza preti, ma…
di Chiara Morandi
Don Maurizio Fileni, parroco nella diocesi di Jesi, ha scritto un libro a metà strada tra realtà e finzione: se il calo dei sacerdoti è molto diffuso e sotto gli occhi di tutti, lui osa una bella proposta
È in questi giorni in libreria un piacevole racconto, ‘Le campane di S. Martino’, che come si intuisce fin dalla copertina, affronta un problema sempre più diffuso, quello dei paesi che restano senza sacerdote. Ne è autore un prete marchigiano, don Maurizio Fileni, felicemente parroco da oltre quarant’anni.
Da dove nasce l’idea del racconto?
Ho voluto descrivere la vita di una comunità di paese che rimane senza parroco, lo smarrimento delle persone da sempre abituate al suono delle campane che ritmava le ore e i giorni, che si vedono private di quella tradizione che aveva alimentato la loro vita.
Un tema molto attuale…
In tutte le diocesi italiane il numero dei sacerdoti è in costante calo; molti sacerdoti sono anziani o lo saranno nell’arco di qualche anno. Come far sì che la tradizione ereditata dai padri possa essere riguadagnata perché sia una esperienza viva oggi? Questa è la domanda che ha ispirato il mio racconto.
E che risposta si è dato?
Quella che ha indicato il Concilio Vaticano II già cinquant’anni fa, la responsabilità dei laici. In Lumen Gentium 33 si legge che “i laici possono essere chiamati in diversi modi a collaborare più immediatamente coll’apostolato della gerarchia” come la cura delle anime e “nell’esercizio di questi compiti, sono pienamente soggetti alla direzione del superiore ecclesiastico” (ApostolicamActuositatem V, 24, e).
Che ne pensa dell’accorpamento delle parrocchie?
La mia esperienza dice che la gente predilige vivere l’aspetto religioso in forma parrocchiale, nel luogo in cui vive e che se i preti devono dividersi tra tante parrocchie, finiscono per correre da una parte all’altra e questo fa sì che la gente non li senta più parte della loro vita, ma come funzionari. Per questo occorre cercare altre vie, peraltro previste anche dal Codice di Diritto Canonico laddove, al n. 517, affronta la situazione di una comunità affidati a laici, con un sacerdote come moderatore.
Qual è la sua proposta?
La mia idea è chiara: è il momento dei laici e per questo dobbiamo arrivare alla loro effettiva responsabilità. Lo so che è una strada difficilissima e piena di incognite, come mi è stato detto, ma abbiamo lo Spirito Santo che ci aiuterà nell’opera di discernimento.
Ma la gente capirebbe?
Il Vescovo del racconto, per non lasciare sole le pecore sui monti, invece che accorpare S. Martino con Poggio S. Paolino,dopo opera di discernimento, insedia una coppia di sposi perché segua il paese e le persone, sotto la giurisdizione di un sacerdote.