Sport formato mondo
Ci sono eventi che più di altri hanno il potere di raccontare il nostro tempo. Senza finzioni.
Magari i Mondiali di calcio, senza la partecipazione dell’Italia, sono stati per giovani e giovanissimi una bella (e inedita) opportunità per misurarsi con il proprio sentimento di appartenenza alla nazione.
Il fatto che la nostra squadra non fosse impegnata nell’agone ha spostato l’attenzione del pubblico di casa nostra sulle peculiarità delle altre squadre e sugli aspetti “antropologici” della kermesse.
Il fatto di essere spettatori “terzi” ci ha permesso di osservare quanto fosse variegata la composizione in campo delle diverse squadre e come diversamente si declinasse il tifo sugli spalti e l’esultanza in campo.
L’occasione è stata ghiotta anche per riflettere anche sulla tendenza socio-politica generale di questi ultimi tempi che esaspera le comunità e le porta a irrigidirsi su posizioni “separatiste”, discriminatorie e francamente claustrofobiche. Nel nostro Paese si sono chiusi da pochi giorni anche gli esami di maturità, preceduti da quelli relativi al primo ciclo di istruzione. Tra le competenze messe in risalto dalla nuova legislazione scolastica, spiccano quella della socialità e della cittadinanza. Gli indirizzi ministeriali chiedono di verificare il processo formativo dei giovani anche sotto la lente di ingrandimento di questi temi fondanti e oggi pericolosamente in crisi.
Siamo provati e disincantati e così, in una specie di processo regressivo, ci rifugiamo nell’esasperazione dei nazionalismi, che in realtà innescano dinamiche disgregatrici all’interno delle comunità. La sfiducia nei confronti del futuro ci fa innestare la retromarcia e ci mette in fuga verso un passato idealizzato e infondato storicamente. Proviamo a chiedere ai giovani cosa significhi davvero per loro sentirsi “italiani”. Ne verranno fuori riflessioni interessanti, anche bizzarre in taluni casi. L’identità nazionale vissuta come una contrapposizione non è mai sana, impedisce di vedere la ricchezza altrui e la diversità preziosa. Impedisce il passaggio successivo, quello della crescita che è subordinata all’integrazione.
La corsa che stiamo facendo, come quella delle ragazze azzurre “con varie sfumature” che hanno vinto la staffetta 4×400 ai Giochi del Mediterraneo dovrebbe essere finalizzata all’evoluzione della specie e dovrebbe essere frutto di collaborazione e “contaminazione” positiva tra diverse realtà.
Una società viva è per forza dinamica e inclusiva.